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ORARIO APERTURA
Il Museo Archeologico e della Vite e del Vino dal 1-10-2020 sarà aperto solo per visite guidate prenotate anticipatamente contattando il centralino del Comune di Scansano tel. 0564509411, dal lunedì al venerdì negli orari di ufficio o la pagina Facebook del Comune di Scansano
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Il Museo Archeologico di Scansano, inaugurato a Marzo 2001, offre una panoramica sulla storia della presenza umana nell’età antica nella media valle dell’Albegna e raccoglie i reperti dell’abitato etrusco di "Ghiaccio Forte". Le numerose statuette votive che testimoniano la rilevanza religiosa di questo sito, sono magnificamente conservate ed esposte nel Museo Archeologico del Palazzo Pretorio insieme ad altri reperti che fanno di questa struttura un punto di riferimento per gli studi archeologici condotti in tutta l’area della valle dell’Albegna. IL PERCORSO ESPOSITIVO
Nell’impostazione
del percorso museale si sono accolti alcuni concetti basilari
dell’idea stessa di museo, largamente consolidati nel dibattito
museologico e acquisiti nella relativa legislazione. Tra questi vi è la
trasmissione culturale, una delle funzioni-base del museo e forse
quella su cui più si è concentrata ultimamente l’attenzione dei
museologi. Le altre funzioni essenziali – che consistono nel recupero
nella conservazione e nella tutela dei beni culturali e
nella produzione culturale, essenzialmente riconducibile alla
ricerca scientifica - sono
in qualche misura già precedenti alla decisione di costruire un museo e
continuano a costruirne la quotidianità, una volta che è aperto al
pubblico. Qui l’attenzione è rivolta alla funzione di trasmissione
culturale, ossia alla divulgazione dei contenuti e delle elaborazioni
del Museo Archeologico (oggetti e tematiche), che si è posta
all’origine del percorso espositivo.
È
ormai opinione affermata che il museo ha un’identità propria,
costituita in maniera
inscindibile tanto dagli oggetti che contiene, quanto dal modo in cui
tali oggetti sono esposti. Ciò significa che l’essenza del museo non
si limita al suo contenuto di opere, ma si estende inevitabilmente alla
scelta preventiva delle opere stesse e alla modalità peculiare in cui
sono esposte, ossia al percorso espositivo. Interpretato così il museo
si presenta come un “monumento/documento della società e della
cultura che lo hanno espresso”, e come tale irripetibile in luoghi e
tempi diversi, e pure conseguentemente immutabile, se non
a rischio di stravolgerne l’essenza stessa. Ciò non implica
che ogni museo in ogni sua parte debba rimanere sempre uguale a se
stesso, ma che il percorso espositivo è carattere fondamentale
dell’identità del museo e come tale deve essere considerato. Il
rispetto dell’identità del museo può infatti essere contemperato con
il desiderio di innovazione attraverso esposizioni temporanee, che
lascino maggiore spazio alla fantasia, all’attività educativa e
informativa.
Fin
dalla sua origine il museo
è stato identificato come il luogo della curiosità, del diverso e
della meraviglia (si pensi alle Kunst-Wunderkammern
seicentesche), in cui l’”interesse visivo” degli oggetti era
all’origine stessa della loro raccolta. Coerentemente anche
l’allestimento non era sistematico o scientifico, ma estetico e
spettacolare avendo lo scopo di suscitare stupore alla vista.
Pur
con le sostanziali mutazioni che ha subito, anche oggi il museo mantiene
uno spiccato orientamento verso l’espressione per le immagini, che a
sua volta alimenta aspettative diffuse di un apprendimento facile e
compendiario. Chi entra in un museo oggi desidera in primo luogo vedere
ed in secondo luogo imparare scopo e funzione degli oggetti che vede.
D’altra parte per il museologo il museo consiste in uno “strumento
maieutico, di conoscenza problematica della natura e della storia, che
non guidi ad un indottrinamento dogmatico ma che dia materia e occasione
per un giudizio libero, spontaneo, magari contestatario, maturato
attraverso il rapporto diretto con i documenti originali
dell’evoluzione della
vita, della natura, della società, dell’uomo.
In
questa concezione, largamente condivisa, il museo archeologico è
chiamato a rappresentare e a documentare attraverso la materialità
degli oggetti la storia degli antichi paesaggi umani, così come viene
delineata dalla ricerca archeologica. Non vuole però tracciare un
quadro di certezze cristalline, quanto piuttosto presentare modelli
documentati o ipotizzati delle dinamiche insediative ed economiche,
corredati da dubbi e da problemi ancora irrisolti.
Il
linguaggio della comunicazione evita espressioni tecniche, talvolta
ancora assai praticate dagli archeologi, e disposizioni degli oggetti di
stampo classificatorio. Si è inteso piuttosto privilegiare espressioni
chiare, che favoriscano la comprensione dei non addetti ai lavori, e
associare i materiali in modo che testimonino la loro funzione nel
contesto storico in cui furono prodotti e utilizzati.
L’esposizione
vuole dunque essere concettualmente semplice per essere comprensibile:
più il messaggio verbale diviene complesso, meno l’esposizione
finisce con l’essere comprensibile, dato che questa è
fondamentalmente attività non verbale, ma visiva.
Questa
impostazione verso la chiarezza e la semplicità espositiva tende a
l’inclusione piuttosto che all’esclusione del visitatore, che spesso
rischia di venire emarginato da un contesto espositivo accessibile solo
agli iniziati del settore. D’altra parte non si deve neppure
appiattire e abbattere l’informazione ai livelli base.
Gli
aspetti didattici dell’esposizione sono generalmente resi più
efficaci dall’aggancio alla realtà, ai fatti, alle cose, vero e
proprio pilastro della didattica museale. Nel caso del museo
archeologico, nel quale è esposta la “cultura materiale” di una
civiltà, il riferimento alla vita reale è necessariamente indotto.
Se
il museo archeologico mira dunque a restituire immagini di antiche
civiltà non deve riprodurre, ad esempio, le sequenze tipologiche dei
manufatti di uno stesso genere secondo l’ordine scientifico
classificatorio: risultano sterili e magari ossessive agli occhi del
visitatore non-archeologo, o nella migliore delle ipotesi possono godere
di una certa attenzione se il visitatore ha interesse specifico per la
storia della scienza. Allo stesso modo sembra utile evitare
un’esposizione che ricalca esattamente le modalità degli scavi: ciò
che serve per costruire la storia è l’interpretazione che si ricava
dall’elaborazione dei dati di scavo.
La
reinterpretazione e la presentazione del materiale secondo modelli
diversi da quelli strettamente scientifici sono dunque necessari per la
costruzione di una esposizione culturalmente produttiva.
L’obiettivo
è di evocare civiltà realmente vissute. In questo senso e per
l’animazione del percorso sono efficaci le ricostruzioni, plastiche e
ambientali, entro i limiti della correttezza scientifica. Esse offrono
al visitatore una visione diretta della realtà antica, riprodotta sulla
base della documentazione e delle ipotesi, ma che altrimenti sarebbe
assai più difficile immaginare. Nel contempo le ricostruzioni
rappresentano dal punto di vista scientifico un banco di prova per le
ipotesi dell’archeologo, che così devono confrontarsi con la realtà
materiale.
L’apparato
di pannelli e didascalie intende rispettare la libertà del visitatore
evitando la prevaricazione della didattica sugli oggetti e tutelando il
contatto diretto tra il visitatore e gli oggetti stessi, attività che
costituisce l’essenza del museo.
Contenere
l’invadenza della didattica tuttavia non significa precludere la
possibilità di fornire informazioni suppletive a coloro che ne siano
interessati. A questo scopo la guida del territorio di Scansano e ai
Musei del Palazzo Pretorio e il presente catalogo costituiscono un
livello di informazione superiore e un invito alla conoscenza del
paesaggio attraverso la sua storia. Il percorso espositivo ha un’articolazione semplice e lineare, con la suddivisione degli ambienti per argomenti, disposti in un ordine che ricalca nello spazio museale la sequenza cronologica. In tal modo si intende offrire al pubblico un percorso diacronico nella storia del paesaggio naturale e umano della media Valle dell’Albegna, attraverso materiali e informazioni restituiti da qualche scoperta occasionale ma soprattutto dalle sistematiche ricerche archeologiche degli ultimi trent a anni (Soprintendenza Archeologica della Toscana, Comune di Scansano, University of Santa Barbara - California, Università di Siena e di Pisa).
A
partire dai resti non ancora umani del cosiddetto ominide di Baccinello,
il percorso ricorda soltanto la frequentazione preistorica per giungere
alle più consistenti testimonianze del santuario e dell’abitato
fortificato etrusco di Ghiaccio Forte e della villa romana di Aia Nova,
che sono i siti più intensamente indagati dalla ricerca archeologica.
Il museo presenta però anche risultati e materiali finora inediti
provenienti da scavi effettuati dalla Soprintendenza Archeologica della
Toscana (fattoria romana di Scrina di Porco, abitato arcaico e romano di
Civitella, sepolcreto medievale di Poggioferro) e dalle ricerche
sistematiche riprese dal 1999 nel sito di Ghiaccio Forte e nel territori
di Scansano a cura del comune.
Il
percorso archeologico all’interno del Palazzo Pretorio ha poi una
sorta di proiezione, o sarebbe meglio dire, una parte complementare e
strettamente connessa nel Museo della Vite e del Vino. Qui la storia
delle produzioni dei vini a denominazione controllata della Toscana
meridionale è introdotta da una sezione dedicata alla coltura della
vite e al consumo del vino nell’antichità, entrambe attività che
hanno fortemente caratterizzato il paesaggio di questa parte di Maremma
gia in antico e che adesso tornano ad affermarsi in maniera autorevole.
brochure del Museo Archeologico (
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